Il momento del Covid è un’occasione epocale. Dopo il Covid, le cose non potranno essere più come prima.
Il momento della guerra è un’occasione epocale. Dopo la guerra, le cose non dovranno essere più come prima.
E’ arrivato finalmente il Momento di cambiare.
Cambiamento, una parola magica. Ricordo perfettamente, perché c’ero, che nel 1994 la parola d’ordine della campagna elettorale della Lega Nord di Umberto Bossi era “cambiamento”. Occorreva adoperarsi e spingere per il cambiamento. La coalizione di cui faceva parte Umberto Bossi vinse le elezioni. Si cambiava.
Alcuni anni fa, diciamo gli anni Settanta del XX secolo, la parola d’ordine era un’altra. Trasformazione. Era necessario trasformare la società. Trasformare i rapporti di produzione, i rapporti sociali, i rapporti di Potere, i rapporti culturali, i rapporti affettivi.
La cultura del Capitalismo, in un baleno, ha sostituito trasformare con cambiare. Cambiare automobile, cambiare telefono cellulare, cambiare lavoro, cambiare merce scaduta, cambiare regalo ricevuto (biglietto di cortesia), cambiare credo religioso, cambiare partner sessuale. Cambiare è così un momento permanente. Il regime del Capitalismo.
La cultura italiana ogni tanto provava a mettere sull’avviso. Bisogna che tutto cambi affinché nulla cambi, si dice ne Il Gattopardo, romanzo di Tomasi di Lampedusa. Oppure, nel più leggero campo musicale: per quest’anno non cambiare / stessa spiaggia stesso mare. Oppure, nella accortezza proverbiale: solo gli sciocchi non cambiano idea.
Anche il trasformismo, in politica, è diventato cambiamento. Io rimango identico a me stesso, cambio solo il partito, o il movimento.
Cambiamento o riciclaggio.
Il momento, o peggio ancora il desiderio della trasformazione, quella vera, non esiste più.